La concia di una pelle dove meno te l’aspetti: nel film d’animazione “La Tartaruga Rossa”, per esempio…

“La tartaruga rossa” è un titolo che sta incontrando grande successo di critica e di pubblico. Perché unisce la tradizione dello studio Ghibli, leader giapponese del cinema d’animazione dei maestri Hayao Miyazaki ed Isao Takahata, al disegno europeo del regista Michaël Dudok de Wit, olandese di stanza a Londra. E perché declina il lirismo del cartoon nipponico con l’intimismo del cinema francese. Ma per la pelle non è questa la cosa più interessante. Perché nella storia del naufrago che nell’isola deserta trova amore, passione e magia, la pellicola incorona a tutto schermo una scena che pare proprio riprodurre un’azione ben nota fin dagli albori della civiltà. Il nostro eroe, in assenza di alternative, oltre che a procacciarsi il cibo, deve anche confezionarsi i vestiti e lo si vede con la compagna e il figlio, mentre lavora sulla spiaggia una pelle di foca. Un’attività, quella della concia, antica quanto la civiltà umana. Ma che raramente trova citazioni nella settima arte. “La tartaruga rossa”, che si rivolge ai più piccoli come ai loro genitori, lo fa, insegnando qualcosa che risulterà nuovo.

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