Se l’ufficio esecutivo del Presidente degli Stati Uniti d’America per il Commercio Internazionale aspettava i pareri tecnici degli addetti ai lavori prima di procedere, il messaggio lanciato da USHSLA e LIA (associazioni che rappresentano rispettivamente i trader della materia prima e la concia statunitense) è inequivocabile: gli eventuali dazi sull’import di pelletteria dall’Unione Europea sarebbero un danno per il settore. Già, perché l’amministrazione Trump, già impegnata nella contesa commerciale con la Cina, vorrebbe incrociare i guantoni anche con l’UE, colpevole (secondo la Casa Bianca) di offrire fin troppo sostegno alla sua aeronautica civile: tra i beni da sottoporre a retaliatory duties ci sarebbero, per l’appunto, anche gli accessori. “Ma così colpiremmo i nostri principali clienti e, quindi, di riflesso anche noi stessi”, è il succo del messaggio rivolto da USHSLA e LIA all’Office of the US Trade Representative. “Un mercato robusto e senza restrizioni è un fattore fondamentale per la pelle USA – recita la nota congiunta delle due organizzazioni –, che esporta ogni anno più del 95% della sua produzione. Il dazio avrebbe effetto di detrimento per le aziende, gli addetti e il complesso dell’indotto”. Nel 2018, snocciola ad esempio il comunicato, l’area UE ha acquistato wet blue per 180 milioni di dollari: di questi la sola Italia ha comprato materiali per 178 milioni di dollari. “Imporre i dazi vorrebbe dire distruggere decenni di sviluppo del mercato – conclude la nota – e metterebbe ancora di più la filiera della pelle sotto sforzo, quando sono già tante le sfide, come i prezzi in calo e i dazi su altri mercati”. Alla redazione della nota, concludono USHSLA e LIA, hanno collaborato la federazione europea Cotance, UNIC – Concerie Italiane e le omologhe associazioni SGCP (Francia) e UK Leather (Regno Unito).
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