Ormai ci siamo: la guerra commerciale USA-Cina, scatenatasi in estate, è pronta a sommergere la filiera della pelle. In questo momento, la sfida vede da una parte Washington, quasi pronta ad applicare un dazio al 25% su un novero di beni di importazione cinese da 200 miliardi di dollari. Insieme ai prodotti colpiti ce ne sono molti della filiera delle pelle: tra gli altri, pellami finiti e semilavorati, articoli di pelletteria, abbigliamento. Si salverebbe solo la calzatura. Pechino, dal canto suo, sa già come rispondere: non solo con un ricco pacchetto di dazi, materia prima conciaria inclusa, ma anche (probabilmente) con misure non tariffarie di barriera alla dogana. Le rispettive associazioni dell’area pelle, intanto, si danno da fare perché si eviti il peggio. CLIA, la sigla che raccoglie la filiera della pelle cinese, da subito contraria all’ipotesi dell’escalation, sarebbe riuscita a convincere Pechino a tenere i dazi, paventati in una forbice del 5-25%, più vicini al minimo che al massimo. Allo stesso modo USHSLA sta operando pressioni sulla Casa Bianca. Con una lettera indirizzata a Washington, l’associazione dei trader della materia prima conciaria ricorda al Governo che Pechino nel 2017 ha acquistato in America pelli bovine e suine (grezze e semilavorate), per oltre 1 miliardo di dollari, rappresentando così lo sbocco per oltre il 50% della produzione statunitense. “La Cina non è soltanto un mercato importante: è un mercato essenziale”, conclude USHSLA. La Casa Bianca si è data tempo fino al 7 settembre per consultare gli stake holder: il messaggio dei trader, allora, è di pura prudenza.
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