Un 2018 all’insegna della resilienza. Un avvio di 2019 complesso, che conferma la generalizzata difficoltà congiunturale che vive l’industria della pelle. UNIC – Concerie Italiane, in occasione dell’Assemblea Generale celebrata oggi a Milano, ha presentato i sui dati di bilancio, rivelando come, pur in un contesto caratterizzato da una diffusa negatività, le sue imprese siano riuscite a consolidare il proprio primato internazionale, valorizzando ulteriormente il proprio X-Factor sostenibile.
Il 2018 (opaco)
“Un anno poco brillante”, sintetizza UNIC, che, dopo un avvio promettente, ha perso slancio, subendo l’incertezza della calzatura, il passo lento dell’imbottito, l’altalenante trend della pelletteria e incassando l’ancora positivo trend dell’automotive. Risultato: volume della produzione conciaria giù dello 0,9%, valore in calo del 3,2%, export (diretto verso 122 Paesi) in calo del 4,8%). Una resilienza che ha permesso di non intaccare il numero degli occupati e di confermare gli equilibri distrettuali: il 58% della pelle italiana esce dei bottali veneti, il 28% da quelli toscani, il 7% è prodotto in Campania.
Il primato (rafforzato)
L’orizzonte è opaco non solo per la concia italiana. È “tutta la pelle”, nel mondo, che vive una generalizzata debolezza congiunturale. Il che, per quella italiana, si è trasformato, nel 2018, nell’occasione per dare maggiore peso internazionale alla propria eccellenza. I numeri parlano chiaro, come segnala UNIC: “I nostri primati internazionali si sono mantenuti (65% del valore della produzione UE), se non sono, addirittura, aumentati: 22% del valore della produzione mondiale, eravamo al 17% dieci anni fa; 28% di quota sull’export globale di finito: era il 24% tre anni fa. Quando il gioco si fa duro, la qualità (a 360 gradi) paga.
L’X-Factor (green)
Dici “pelle italiana” e immediatamente pensi: “sostenibilità”. Il mattone su cui l’industria nazionale della pelle consolida la propria leadership è proprio questo, quello green, che nasce dalla sua dimensione circolare identitaria e arriva al costante upgrading delle performance sostenibili di settore. UNIC ne offre l’ennesimo aggiornamento, segnalando che “negli ultimi dieci anni, la conceria italiana ha usato meno risorse (-16% di consumi idrici, -8% di energia, -17% di prodotti chimici, -26% di rifiuti prodotti, -38% di emissioni) e ha portato i livelli di abbattimento al 97% per il COD e al 99,5% per il cromo 3. Risultati che non hanno eguali a livello internazionale. Sul piano sociale, il numero di infortuni si è più che dimezzato negli ultimi 15 anni, con un calo di frequenza del 43%”.
Il 2019 (preoccupante)
L’avvio del 2019 non promette inversioni di tendenza, anzi: minaccia di far peggiorare sensibilmente produzione, export e business. Nei primi mesi dell’anno la pelle italiana ha osservato “un calo produttivo del 5% circa e del 7% in fatturato, con ribassi importanti anche sul fronte dell’export, pari al -8%”. A pesare è lo stallo dell’automotive (settore che, invece, nel 2018 aveva regalato solide soddisfazioni) e una pelletteria più rallentata. Prospettive? Poche, forse nessuna. Il 2019 sarà un altro anno di resilienza obbligata.