Boom di disoccupazione per i lavoratori asiatici della filiera della pelle. A registrare difficoltà sono da un lato gli operai filippini, impiegati in aziende che vedono sparire clienti a causa dell’andamento del mercato, dall’altro quelli bengalesi di Dhaka, dove le aziende sono impegnate nell’annoso trasferimento da Hazaribagh a Savar. Complessivamente sono quasi 150.000 le persone che potrebbero perdere il lavoro
Nelle Filippine
Nelle isole asiatiche del Pacifico sono oltre 110.000 i lavoratori il cui impiego è a rischio, di cui 36.000 attivi nel settore dell’abbigliamento e pelletteria per piccole aziende, 57.600 lavorano nello stesso campo, ma per imprese di dimensioni maggiori e infine 17.000 sono i lavoratori delle aziende più grandi. A fornire i dati è stato qualche giorno fa la Confederation of Wearable Exporters of the Philippines (CONWEP). Le difficoltà all’origine del potenziale boom di disoccupazione sarebbero legate alla volontà del governo filippino di rivedere al rialzo la tassazione sulle esportazioni di abbigliamento e pellame, cosa che secondo gli operatori impedirebbe loro di essere competitivi con i concorrenti della stessa area.
A Dhaka
Non sono spettri, ma problemi concreti quelli che si trovano ad affrontare i lavoratori bengalesi di Dhaka. Molte concerie della zona si sono già spostate nell’area di Savar e si attende che altre lo facciano, lasciando così a piedi qualcosa come 25.000 operai. Il trasloco è legato a questioni ambientali, messe in luce dal governo locale che ha offerto incentivi agli imprenditori che decidono di lasciare Hazairbagh mentre, denunciano i sindacati, nulla è stato proposto a chi potrebbe perdere o ha già perso il lavoro e nemmeno a quei lavoratori che volendo quotidianamente recarsi nelle nuove sedi di lavoro dovrebbero comunque affrontare un viaggio di 4 ore. Le due città distano una ventina di chilometri, ma la maggior parte dei lavoratori, per non dire la totalità, non ha a disposizione un mezzo di trasporto adeguato. (art)
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