Dal momento che Business of Fashion titola il suo articolo con una domanda retorica, noi ci prendiamo la briga di rispondere. “La moda dovrebbe fare di più per tutelare gli animali?”, chiede il giornale di moda. “L’impegno della pelle per il welfare animale c’è e si vede”, rispondiamo noi. Che all’argomento, oltretutto, abbiamo dedicato un approfondimento specifico su “Misurazione”, mensile numero 3 – 2023 de La Conceria.
La domanda di BoF
L’articolo di BoF parte da premesse pericolose che corregge strada facendo. In estrema sintesi, l’autrice si aspetterebbe, sulla scorta dell’addio alla pelliccia di Gucci, che la moda avviasse un più profondo ripensamento del proprio rapporto con tutti i materiali. Invece, “si parla poco di welfare animale quando si tratta della pelle”, obietta. Affidarsi per lo più a designer vegani e associazioni della stessa parrocchia porta l’autrice a sbilanciare l’analisi verso i loro argomenti. Ma alcuni lampi di verità (per così dire) ci sono. La giornalista riconosce che, se è vero che i gruppi della moda o non hanno policies sul welfare animale o ne hanno di vecchi, è altrettanto vero che “solo pochi gruppi hanno abbastanza visibilità per influenzare la filiera”. Nel senso: una multinazionale che fa acquisti per milioni di euro può sperare di condizionare un allevatore, difficile ci riesca un anonimo calzaturificio. Scrive poi la giornalista di BoF che “senza la concia le pelli verrebbero semplicemente mandate in discarica. Il materiale è essenzialmente riciclato e regolato dagli standard esistenti per l’industria della carne”.
La nostra risposta: l’impegno della pelle
Vegani e animalisti non ci crederanno, ma l’industria della moda – filiera della pelle in primis – è protesa verso gli obiettivi della qualità e della sostenibilità. Proprio per questo, chi intende fare il lavoro per bene si affida a strumenti di qualifica e di certificazione che rendono gli stessi risultati concreti e valutabili. È l’oggetto di “Misurazione”, l’ultimo numero del nostro mensile. Dove parliamo con imprenditori, come Marco Palmieri del gruppo Piquadro, e delle performance (oltre la nebbia del marketing) dei materiali, a proposito della pelle e delle sue alternative veg. Tornando alla questione del welfare animale, abbiamo una risposta anche per questo. L’industria conciaria non è da poco che lavora alla tracciabilità delle pelli, primo fondamentale strumento per conoscerne l’origine e la storia. E si sta prodigando su scala globale (nei limiti delle sue possibilità, perché vale la pena ribadire che gli attori della zootecnia seguono proprie dinamiche di mercato) per garantire anche il welfare animale. Ne parliamo con Gustavo–Gonzalez Quijano (Cotance) e Sabrina Frontini (ICEC).
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