[in collaborazione con orticalab.it]
Mario De Maio mette (per l’ennesima volta) i puntini sulle “i”. Il presidente della Sezione Concia di Confindustria Avellino e titolare della conceria DMD Solofra, dalle colonne digitali del portale orticalab.it entra con forza nel dibattito riesploso sulla sostenibilità della pelle irpina. Lo fa dopo il rilancio di uno studio che punta il dito contro l’Irpinia e le sue industrie. Al punto da dichiarare che la Valle del Sabato e la Valle dell’Irno “sono da considerarsi inquinate al pari della Terra dei Fuochi”. De Maio non ci sta: “Oggi lavoriamo in maniera moderna e con prodotti certificati”. Moderni, green e certificati: nessun dubbio e nessuna ombra, dunque.
Moderni, green e certificati
“Oggi lavoriamo in maniera moderna e con prodotti certificati – sbotta De Maio -. Mercurio, cadmio e diossina, sono anni che non ne vediamo e non ne usiamo nelle concerie. Li abbiamo banditi. Sappiamo che sono cancerogeni, che causano danni irreversibili sugli operai e sui cittadini. Tutti gli scarichi sono conferiti in un impianto centralizzato. Noi non sversiamo nella Solofrana o nel Sarno nemmeno una goccia d’acqua. Infatti, il fiume è secco per gran parte dell’anno. Ripeto, siamo obbligati a sversare nell’impianto centralizzato che è presente in ogni azienda. Questo impianto fa un primo trattamento chimico-fisico e, poi, conferisce il resto nell’impianto biologico di Mercato San Severino. Che tutto dipenda dalla concia è una grande bugia”.
Tutti monitorati quotidianamente
“Tutti i prodotti (chimici, ndr) che compriamo da anni sono certificati – continua De Maio -, abbiamo controlli di sicurezza dalla Polizia Giudiziaria. Quello che le dico è stato dimostrato sia dal punto di vista ambientale che urbanistico. Qui si parla del fiume Irno e del fiume Sabato: noi non c’entriamo niente. Siamo tutti monitorati quotidianamente. Può capitare un incidente, se una pompa si blocca o c’è qualche guasto, ma è la rara eccezione. Nessuno si permette di derogare”.
Attenti alle generalizzazioni
“Quando si parla di inquinamento, spesso si generalizza – sottolinea il titolare di DMD -. Non c’è solo l’acqua sporca che finisce nel fiume. C’è l’inquinamento dell’aria, quello dei suoli agricoli. Per quanto riguarda la concia, c’è stato un periodo, negli anni ’80 e ’90, in cui la parola d’ordine era produrre e le regole erano diverse. All’epoca, è possibile che siano stati commessi errori. Oggi no. Per realizzare un giubbino di pelle occorrono 1000 litri di acqua e 15 chili di prodotti chimici. Noi stiamo tentando di abbattere queste soglie del 50%. (…) Ribadisco che oggi noi siamo tutti ambientalisti. Solofra in questa indagine Spes c’entra poco o nulla”.
Danno d’immagine
“Non esiste dire che Solofra è la causa di questo inquinamento. I brand importanti che comprano da noi – conclude De Maio – ci chiedono prima di tutto le certificazioni ambientali e sugli scarichi. Quindi, la mia difesa del distretto è volta ad abbassare i toni rispetto a un certo terrorismo che non deve coinvolgere la nostra area. Altrimenti peggiorerà una già drammatica condizione economica post Covid. Se si leggono i bilanci delle nostre aziende, la sostenibilità è una delle voci più importanti. Senza contare che oggi siamo tutti consapevoli del fatto che rispettare l’ambiente è la priorità”.
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