Le concerie storiche del Marocco sono un must turistico. Le concerie di Fes o Marrakech dominano talmente tanto l’immaginario che, cercando “conceria” o meglio “tannery” su Google Immagini, i primi risultati portano proprio in Marocco. Ma c’è un problema. Le concerie storiche del Marocco sono l’unica conceria in cui molte persone mettono piede nella propria vita, traendo l’idea che in questo consista il business: vasche colorate, gente immersa con la pelle nelle stesse vasche, odori pungenti da mitigare con foglie di menta. Non è così. Quello marocchino è folklore, con rilevanti aspetti critici. La concia in Italia, o in Spagna o Francia, è un’altra cosa.
Il servizio di Business Insider
Business Insider ha di recente pubblicato un servizio di circa otto minuti sulle concerie storiche del Marocco. Vi invitiamo a guardarlo. Per i contenuti: la redazione sottolinea il retaggio storico dell’attività, ma non ne tace gli aspetti critici. E per le immagini, potenti e rivelatrici.
Tutte le differenze con l’Italia
Chi fa impresa in Italia deve rispettare una normativa molto stringente a livello nazionale (come il Testo Unico sulla Sicurezza) e comunitario (come il Regolamento ReACH sui prodotti chimici). Per di più deve stare al passo con le best practice pretese dal mercato internazionale dell’alta moda. Per questo molte delle cose che si vedono nelle concerie storiche dal Marocco da noi sono state superate, o non sono lecite.
Dispositivi di protezione
In Marocco lo svolgimento delle fasi ad umido in vasca (invece che in botte) implica il contatto ravvicinato, e per di più non protetto, tra l’operatore e i prodotti chimici. Gli operatori immergono gambe, piedi e mani nei bagni di concia e tintura senza alcun dispositivo di protezione, a eccezione (in alcuni casi) degli stivali. Non usano neanche gli occhi per proteggersi da potenziali schizzi (che nella lavorazione in botte sono esclusi a priori);
Rischio caduta
Gli operatori marocchini, costretti a camminare in equilibrio sul bordo dei muretti, sono a costante rischio di scivolamento e caduta nelle vasche;
Gestione degli odori
Lo stoccaggio delle pelli in celle frigo, la lavorazione in bottale e lo scarico dei reflui in fognatura consentono alle concerie italiane di contenere l’impatto odoroso della produzione. La circostanza che le stesse attività in Marocco si facciano en plein air (e a temperature non miti) implica che non ci sono ostacoli alla propalazione degli odori;
Movimentazione dei carichi
Nelle concerie italiane si trovano carrelli elevatori, sistemi automatizzati di trasporto e di dosaggio dei prodotti chimici. In Marocco le condizioni di lavoro sono più pesanti, perché si prevede la movimentazione prevalentemente (o esclusivamente) manuale dei carichi;
Lavorazioni scomparse
In Marocco si assiste ancora a lavorazioni manuali, come la rasatura del lato carne della pelle con una lama che sfrutta la spinta dell’operatore. Tali lavorazioni in Europa sono scomparse da decenni non solo perché faticose, ma anche perché rischiose;
Sicurezza del bottale
Dalle immagini di Business Insider si vede che non c’è nessun sistema di sicurezza al bottale. In Italia invece la normativa prevede l’installazione di sistemi di sicurezza (fotocellula o sbarra) che impediscano a chiunque di avvicinarsi al bottale mentre ruota;
Quello che non si vede
Altrettanto importante di quanto il visitatore vede nelle concerie del Marocco è quello che invece non vede. Come si smaltiscono le acque reflue e gli scarti di lavorazione? Quali prodotti chimici si impiegano? Di quali tutele o diritti beneficiano gli operai?
Foto da Shutterstock
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