Due differenti modelli di visione per la pelle africana. Il primo è quello dello Zimbabwe, che guarda avanti mettendo nero su bianco una strategia decennale di sviluppo settoriale. Il secondo è quello del Kenya, gli operatori della filiera temono, invece, che gli ultimi progetti messi in cantiere per sostenere la filiera non decollino.
Lo Zimbabwe guarda avanti
Il 9 aprile 2021 il vicepresidente dello Zimbabwe, Constantino Chiwenga, presenterà la nuova strategia di sviluppo per la filiera della pelle. Il piano tanto atteso durerà fino al 2030 e potrà sfruttare il finanziamento da circa 15 milioni di dollari che COMESA (Common Market for Eastern and Southern Africa) ha destinato proprio allo sviluppo del settore in Zimbabwe. Secondo quanto riporta bulawayo24.com, protagonista del progetto sarà il parco industriale di Bulawayo. L’idea è quella di ribadire l’obiettivo di aumentare la produzione di beni a valore aggiunto. Ma anche di ampliare l’utilizzo di tecnologie per l’industria sostenibile e spingere l’export dal 10% al 40%. Il piano potrà contare anche sull’unità di intenti dei produttori che hanno dato vita alla Zimbabwe Leather Collective.
I timori del Kenya
Parlando del grande progetto per il Leather Park di Machakos, KLDC (Kenya Leather Development Council) ha spiegato che l’attività preparatoria al suo sviluppo sta proseguendo. Non solo: ha annunciato che gli enti preposti stanno approvando i progetti e ha lanciato 2 gare per la costruzione di 4 capannoni industriali. Tutto ciò, però, non ha rassicurato gli operatori del settore che temono tempistiche troppo lunghe, ma anche che gli investimenti finanziari risultino insufficienti. Quest’ultimo aspetto aprirebbe scenari preoccupanti. Il progetto ha ricevuto un finanziamento di circa 9,3 milioni di euro, ma il timore è che non bastino e che, non potendo saldare i lavori in corso, tutto il progetto si blocchi.
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