Perché Kanpur non rimane agganciata al boom della pelle indiana

Perché Kanpur non rimane agganciata al boom della pelle indiana

Da mesi si assiste al boom della pelle indiana. Con l’allentamento delle restrizioni per la pandemia e la buona risposta dei mercati, i conciatori del Paese asiatico hanno lanciato il guanto di sfida ai colleghi cinesi. Nonostante questo, proprio per questo, è paradossale che i problemi principali della filiera arrivino proprio da Kanpur, il distretto che da solo vale il 30% delle esportazioni di pelle e prodotti in pelle. Il distretto nell’Uttar Pradesh affronta carenza di personale, incapacità di progettare, problemi logistici e l’assenza delle istituzioni e relativi sostegni pubblici.

Il boom della pelle indiana

“Finora abbiamo registrato un fatturato estero di 100 milioni di rupie (circa 1,2 milioni di euro, ndr). È un grande aumento rispetto alle esportazioni di 65 milioni di rupie (circa 780.000 euro, ndr) dell’anno scorso, segnato dalle ondate di Covid-19″. Asad Iraqi possiede una conceria a Magarware, nell’Unnao. A businesstoday.in restituisce la situazione positiva per la sua azienda, comune a molte concerie indiane. Con l’allentamento delle misure di contenimento del virus, i mercati internazionali hanno ricominciato a mostrare fermento: la domanda è cresciuta. “Non c’è dubbio, dopo il Covid-19 c’è un miglioramento delle opportunità e questo si sta traducendo in valori di esportazione – spiega RK Jalan, vicepresidente del Council for Leather Exports, sempre a businesstoday.in -. Il numero di ordini è molto buono per ora. Questo perché i Paesi occidentali si stanno allontanando dalla Cina, e ciò offre molte opportunità alle imprese indiane”. C’è però una quota delle aziende indiane della filiera che non riesce a intercettare questa ripartenza. C’è un’area, in particolare, che sembra procedere con il freno a mano tirato: Kanpur.

 

 

Kanpur al palo

Secondo gli esperti, l’industria della pelle di Kanpur è alle prese con molteplici sfide: carenza di personale, incapacità di progettare, problemi logistici e assenza delle istituzioni. Istituzioni che, spesso, sono apertamente ostili. “Non ci possono essere compromessi sulla qualità, che deriva da manodopera qualificata che non è facilmente disponibile – commenta un altro imprenditore, Asad Rizwan -. La politica del governo, le norme e i regolamenti ambientali ci hanno reso difficile la sopravvivenza“. Tra le richieste degli imprenditori c’è soprattutto quella di una politica di logistica e trasporti forte, che preveda investimenti. Senza considerare che oggi anche gli imprenditori indiani devono affrontare ritardi e aumenti dei prezzi dei trasporti via mare. Ma il problema tocca, prima ancora, la possibilità di trasportare merci all’interno dello stesso Stato per non parlare dei collegamenti con altre città e villaggi per consentire lo spostamento delle persone. (art)

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