Ecco, il problema è che L’UE non ascolta le ragioni dell’industria della pelle. Neanche quando si appresta a intervenire a gamba tesa, come si suol dire, nei suoi meccanismi. “Mai prima d’ora i conciatori europei hanno dovuto affrontare un tale tsunami legislativo”. Il numero di settembre del mensile La Conceria si intitola “Ce lo chiede l’Europa” e si concentra sul pacchetto di regolamenti, a partire dal fatidico EUDR, che pende sulla filiera comunitaria della moda. Chi meglio di Gustavo Gonzalez-Quijano, segretario generale di Cotance (la sigla che rappresenta le associazioni nazionali della concia), per capire che cosa è successo a Bruxelles.
Se l’UE non ascolta
Sono quattro i problemi, sostiene Quijano, ora che le istituzioni comunitarie hanno scritto i regolamenti senza dare il degno peso all’opinione degli addetti ai lavori. “È chiaro a tutti che la trasformazione di un’economia da lineare a circolare, per il bene delle persone e del pianeta, richiede sforzi e cambiamenti – dice il segretario Cotance dalle colonne della rubrica Speakers’ Corner –. Ma i regolamenti del Green Deal europeo impongono all’industria della pelle che tali sforzi e cambiamenti avvengano: senza un’adeguata metrica per misurare il cambiamento; senza tener conto delle imprese interessate; senza periodi di transizione realistici; senza sostegno”.
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