Sui social si è scatenata una polemica a proposito della poltrona di Greta Thunberg. E già. L’attivista svedese compare in uno scatto domestico, tra le braccia della madre. A scatenare le ire dei suoi avversarsi politici, che la accusano sostanzialmente di contraddirsi nei fatti, è la presenza, sullo sfondo, di una seduta. I più attenti l’hanno riconosciuta: si tratta del modello Eames Lounge Chair, pezzo di design (1956) il cui valore sul mercato può superare (a seconda del produttore) mille euro. Alle invettive dei detrattori hanno risposto i sostenitori della 16enne, paladino green e fondatrice del Fridays for Future. Nella controversia, si sono inseriti i debunker. A tutti (o quasi) sfugge, però, il valore della pelle in questa vicenda. La sua eventuale presenza non sarebbe un’aggravante per Greta, ma anzi un punto d’onore.
Il primo livello della polemica
Va detto subito: c’è un primo livello di polemica che a noi de La Conceria interessa poco. Un certo tipo di ambientalismo è collegato a una certa critica alla società dei consumi. Che la famiglia Thunberg abbia speso un importante tot di euro (o meglio: di corone svedesi) per un oggetto di lusso sarebbe, quindi, un tradimento della causa. Molti argomentano che del modello Eames Lounge Chair esistono versioni cheap proposte da produttori di segmento basso. Quanto i Thunberg abbiano investito nell’oggetto ci pare un dettaglio poco rilevante.
La polemica sulla pelle
Un secondo piano di polemica ci tocca, invece, da vicino. Eames Lounge Chair prevede il rivestimento in pelle. Per i polemisti, e anche per i fan, anche questo sarebbe un elemento di delusione. Il sottotesto è quello della controcultura veg: “La pelle è un prodotto della zootecnia, gli animali sono stati uccisi pur di ottenerla – è la solfa –, possedere un prodotto in pelle significa macchiarsi le mani del sangue del bovino cui apparteneva”. Debunker e difensori di Greta si sono lanciati in approfondite analisi di cataloghi di salottifici. “Attenzione! Sono sul mercato anche versioni in tela – scrivono – o in similpelle (sic)”. Come se la possibilità che il prodotto sia foderato in plastica (eppure l’ambientalismo dovrebbe essere anche plastic free) rappresentasse un plus per la delicata posizione dei Thunberg. Bah.
La circolarità della pelle
All’attenzione pubblica e ai debunker continua a sfuggire che la pelle è un merito, non un detrimento, anche e soprattutto degli ambientalisti. Bovini e ovini non sono allevati per la pelle, ma per il latte e la carne. La pelle è un sottoprodotto della zootecnia che, senza concia, andrebbe smaltito come un rifiuto. La concia, da millenni, è un caso esemplare di industria circolare: fa upcycling di un materiale altrimenti destinato a incenerimento (o discarica). Anzi, la concia non solo dona seconda vita a uno scarto, ma lo nobilita, perché lo trasforma in qualcosa di prezioso, utile al design d’alta gamma, ad esempio. I casi di cronaca dal Sud America sono chiarissimi: quando la domanda di pelle finita è in calo, le macellazioni continuano lo stesso. E quella che sarebbe materia prima conciaria, finisce in discarica. Una poltrona in pelle a casa Thunberg ci sta benissimo, perché è davvero green e sostenibile.
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