Utilissimo non solo, o non tanto, perché comporta l’accesso a risorse finanziarie che magari prima non erano disponibili, ma soprattutto perché porta con sé un modello di gestione dell’azienda diverso da quello dell’impresa familiare. È passato più di un anno da quando la conceria vicentina Pasubio è passata sotto il controllo del fondo di investimenti CVC Capital. Luca Pretto, che dell’azienda era il patron e di cui ora rimane il ceo e socio di minoranza, alla platea accorsa il 15 novembre a Palazzo Mezzanotte (Borsa di Milano) per la presentazione dell’edizione 2018 del rapporto Cerved sulla piccola e media impresa, conferma il proprio convincimento sulla bontà della mossa. Nella primavera del 2017 per Pasubio, azienda specializzata nella produzione di pellami per l’automotive, la crescita non era un problema: con un giro d’affari di 300 milioni di euro, nell’arco del decennio precedente aveva già triplicato il business. Ciò di cui l’azienda aveva bisogno era di un modello di gestione adeguato a tempi e dimensioni, un management che la portasse oltre i limiti dell’impresa-famiglia: “Era un passo necessario – ha detto Pretto –. Non sempre gli interessi dell’azienda coincidono con quelli della famiglia che la gestisce, mentre certe scelte risultano condizionate dal mantenimento degli equilibri familiari. Se abbiamo frizioni con i partner di CVC Capital? Frizioni no, ma discutiamo quasi tutti giorni. È giusto così, il confronto con il fondo è improntato all’oggettività dei numeri”. Il rapporto Cerved, d’altronde, individua nell’apertura ai fondi di private equity e agli strumenti della finanza alternativi una strategica leva di sviluppo. L’analisi dei bilanci di circa 148.000 aziende, per un valore complessivo di 886 miliardi di euro, dice che il 2017 è stato un anno positivo: molti indicatori (non tutti) sono tornati ai livelli pre-crisi, mentre lo stato patrimoniale delle aziende risulta in rafforzamento. Nel 2018 lo scenario è, invece, già più complesso, zavorrato dal contesto geopolitico (guerre commerciali, Brexit, crisi argentina e turca) e di finanza internazionale (fine del quantitative easing). Se al quadro si aggiunge il rischio regolatorio causato dalle altalenanti posizioni del governo italiano, ammonisce Cerved, si comprende come il prossimo futuro sia ricco di insidie.
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