“Senza di noi niente conservazione del coccodrillo”: da Heng Long (LVMH) rispondono alle polemiche sulle pelli esotiche

“Gli allevatori contribuiscono alla preservazione delle specie e, se non ci fossero gli allevatori, non ci sarebbero i progetti di conservazione”. La dichiarazione di Koh Chon Tong, direttore della conceria specializzata in pellami esotici Heng Long, può sembrare controintuitiva a chi non è del mestiere. Ma, dal momento che ai piani alti del lusso comincia a infittirsi, da Chanel in poi, il novero delle griffe che abbandonano l’uso delle “exotic skins” in nome di un equivoco senso della responsabilità, dalle colonne del South China Morning il manager di Heng Long reputa opportuno tornare sul tema. “La filiera delle pelli esotiche è pesantemente regolata e standard ancora più stringenti sono seguiti dagli allevamenti dove mi rifornisco di coccodrillo”, spiega. Ma in che modo la filiera conciaria aiuta la preservazione della specie? Come in Louisiana, gli allevamenti che riforniscono Heng Long raccolgono le uova in natura. Quando i rettili raggiungono l’anno di età, il 12% degli esemplari è liberato nel proprio habitat: un tasso più alto di quanti sopravvivono allo stato brado al primo anno di vita. La conceria (con sede a Singapore e partecipata dal 2011 al 51% da LVMH,) rispetta le prescrizioni CITES ed è seguita da Crocodile Specialist Group (CSG). I nuovi parametri annunciati da LVMH non spaventano: Koh Chon Tong assicura che entro il 2020 tutti i suoi fornitori saranno certificati.

Foto da henglong.com

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