La voce della concia italiana arriva anche alla stampa tedesca. Perché la guerra in Ucraina, con le conseguenti sanzioni alla Russia, complica ancora di più lo scenario macro-economico in cui si muovono le imprese della filiera della pelle. Che già prima venivano da una (lunga) stagione di stress sui listini della materia prima, degli ausiliari e dell’energia. Lo spiega Fabrizio Nuti, presidente di UNIC – Concerie Italiane e del gruppo Nuti Ivo, a Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ).
Conversazione con la stampa tedesca
Per i lettori di un quotidiano generalista la faccenda è nuova. Chi segue La Conceria, invece, conosce bene lo scenario: il mercato della pelle soffre il rialzo dei listini, mentre la guerra in Europa orientale pone un nuovo collo di bottiglia sul monte della filiera. La situazione non è sostenibile. “Le concerie italiane sono per lo più di piccole dimensioni – spiega Nuti –. Più del 90% del nostro fabbisogno di materie prime è soddisfatto dalle importazioni. Se anche una sola regione d’approvvigionamento viene meno, si pone un grosso problema”. Per questo lo stop all’import da Russia, Ucraina e Bielorussia apre a uno scenario di crisi. Le aziende ora, in attesa delle prossime contrattazioni, devono farsi carico degli accresciuti costi accettando un “margine di profitto inferiore”. Ma non può essere questa la soluzione.
Il dibattito
La congiuntura della pelle va letta anche in chiave mondiale. Quella europea si muove all’interno di certi standard di qualità e di certi obblighi di legge (con conseguenti prezzi). La concorrenza asiatica può permettersi di operare in cornici più leggere ed economiche. Per questo UNIC, insieme alla sigla europea Cotance, non sottovaluta la possibilità di chiedere alle istituzioni europee restrizioni all’export della materia prima continentale. D’altronde, osserva con FAZ Gustavo Gonzalez Quijano (segretario generale di Cotance), l’UE già condiziona il mercato delle pelli grezze e semilavorate. Lo fa quando chiede alle imprese comunitarie di limitare le importazioni da regioni a rischio deforestazione o quando, con le sue politiche agricole, disincentiva la zootecnia comunitaria. Nel mondo sono numerose le filiere della pelle protette dai relativi governi nazionali: l’Europa non l’hai mai fatto, ma questo non vuol dire che non possa cominciare ora. Andreas Meyer della tedesca VDL non si dice convinto della bontà della proposta. Ma, intanto, questa è sul tavolo.
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