Il dibattito che agita il settore conciario uruguayano si infiamma. Della questione, emersa a partire dall’annuncio di chiusura dell’impianto da parte di JBS Zenda, è tornata ad occuparsi la politica.
Essere in vista del precipizio
Il deputato Rodrigo Goñi ha lanciato un allarme: “Se il ministero non reagisce – ha detto parlando alla stampa locale – andiamo dritti verso il precipizio”. Secondo il Ministro dell’Industria, Olga Otegui, “la situazione delle concerie in Uruguay non può essere isolata dal contesto regionale”, in quanto “sono di proprietà di società multinazionali che adottano decisioni sulla base di dinamiche dettate dai mercati internazionali”.
Costi di produzione assassini
Per Goñi, però, “l’industria della pelle in Uruguay non può competere a livello globale” a causa di elevati costi di produzione, che sarebbero “più del doppio” rispetto agli altri Paesi del Sud America, e di problemi infrastrutturali. Il Ministro, replicando nuovamente, ha spiegato che il settore “potrebbe conoscere una riorganizzazione. In questo momento – conclude Otegui – valutiamo la situazione di tutte le concerie, non solo Zenda, e convocheremo una commissione speciale per la prossima settimana in cui studieremo i meccanismi legati ai costi, al rimborso delle tasse e alla raccolta dei rifiuti”.