Uruguay, no al protezionismo conciario: “La priorità è ridurre i costi”

Si infiamma il dibattitto sul futuro delle concerie di Montevideo

In Uruguay si accende il dibattito intorno al futuro della filiera della pelle. Alla proposta di una chiusura protezionistica avanzata dal deputato Eduardo Rubio dopo la chiusura e gli esuberi annunciati dal gruppo JBS Zenda risponde ora un piccato editoriale di Pablo Carrasco del quotidiano El Observador, secondo il quale le argomentazioni e le proposte finora avanzate non fanno altro che allontanare l’attenzione dal problema reale: l’Uruguay è un Paese troppo caro. Nel caso specifico della pelle, Carrasco evidenzia che la causa delle difficoltà non è da ricercare nei prezzi delle esportazioni, che da sempre seguono un andamento ciclico “con picchi verso l’alto nel 2007 e nel 2013, mentre sono verso il basso nel 2008 e oggi”. In questo senso El Observador suggerisce che ci si dovrebbe aspettare una nuova ripresa perché mercati come quello dell’automotive di lusso sono legati a una clientela con un portafoglio ricco “che non vuole rivestimenti in plastica su una Mercedes Benz“. D’altro canto “è vero che il prezzo del prodotto finito è diminuito, ma in proporzione è calato anche il prezzo della materia prima”. In conclusione, scrive Carrasco, il problema non sta nelle fluttuazioni di mercato perché “se così fosse Zenda avrebbe lasciato il Paese senza ulteriori indugi, al contrario l’idea era quella di continuare l’attività con le fasi finali della lavorazione in Uruguay importando la pelle dal Brasile”, bensì nel fatto che “creare valore aggiunto in Uruguay è un’utopia“. La politica, allora, lavori sul costo di fare impresa nel Paese. (art)

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