Be’ di avventure in oltre 40 anni di carriera ne ha vissute tante. Come quando si trovò a Praga nel 1989 durante la cosiddetta “rivoluzione di velluto”. Oppure quando dové fuggire da una Buenos Aires in rivolta scortato dalla Polizia fino al confine col Brasile. Ma Diego Concato, ora che va in pensione dopo una carriera in conceria Sirp iniziata nel 1982, rifarebbe tutto e non ha rimpianti su niente: “Ho iniziato a 21 anni ed era la mia prima esperienza lavorativa in assoluto – ci racconta –. In famiglia non avevo nessuno già impegnato nel settore, ma essendo di Arzignano conoscevo bene la concia: mi sono detto proviamo e ci sono rimasto tutta la vita”.
La carriera
Diego Concato ha ricevuto il “premio alla carriera” (parafrasando lo slang cinematografico) lo scorso settembre nella cornice di Lineapelle 104. Qui gli hanno consegnato targa e riconoscimenti pubblici l’azienda per la quale ha sempre prestato servizio, fino a diventarne direttore commerciale, e UNIC – Concerie Italiane. Un’occasione per ripercorrere l’avventura di una vita: “Nel mondo della pelle ho conosciuto tanti veri amici – sono le sue parole –. Mai avuto crisi di vocazione, mai: ho visto periodi belli e anche quelli brutti, che si trasformavano in uno stimolo a lavorare ad articoli nuovi a cercare soluzioni diverse. Il momento più buio del settore cui abbia mai assistito? Questo che attraversiamo ora”. Concato, che ricorda quando era lui un ragazzo inesperto, si è calato con piacere nel ruolo di mentore dei colleghi più giovani: “Ho insegnato qualcosa a tutti quelli che hanno lavorato con me. Mi è sempre piaciuto molto, anche se avere a che fare con i giovani è cambiato: ai miei tempi un lavoro come questo era prestigioso, dava lustro e permetteva di girare il mondo quando viaggiare era un’attività rara. Eravamo disposti a farlo in ogni condizione, oggi non c’è la stessa attitudine”.
Vendere pelle: un’avventura
Negli anni ’80 aprire nuove rotte commerciali per la pelle era facile, riconosce: “Sarà anche che avevo più forza, ma c’erano tanti mercati vergini: chi aveva voglia e qualità, cresceva”. A patto, però, di essere proattivi e disponibili all’avventura. “Quando ho iniziato, Sirp non faceva fiere: abbiamo cominciato in Mipel come fornitori, poi con Lineapelle quando ancora si teneva a Firenze – ricorda –. Dall’84/85 abbiamo partecipato con ICE a eventi a Singapore, in Corea, ad Hong Kong. Da lì ci siamo lanciati verso i mercati esteri”. Parliamo di tempi in cui la rivoluzione digitale era ancora di là da venire. “Andavo in giro per il mondo senza cellulare e senza internet, al massimo col telex – sorride Concato –. Non avevamo internet per fare ricerche preliminari e prendere i primi contatti. Per trovare riferimenti interessanti chiedevamo i tabulati a ICE, a Cotance, a UNIC, a chiunque potesse darcene. Facevo missioni di 15 giorni nel Far East con colleghi accessoristi e calzaturieri, così da offrire il pacchetto completo per la calzatura. Ai tempi non parlavano tutti inglese come oggi, ci affidavamo agli interpreti”.
La rivoluzione digitale
In quarant’anni sono cambiate tante cose nel mondo e nell’industria della pelle. Ma, se deve riconoscere quale ha rivoluzionato di più il suo lavoro, Concato non ha dubbi: la rivoluzione digitale. “Già alla fine degli anni 80 con l’avvento del fax, che ci portava da un nastrino traforato a una fotocopiatrice che spedisce immagini e documenti, è cambiato tutto – dice –. Un’altra grande novità di lì a breve è stato il telefono portatile: negli USA osservavo i miei agenti in viaggio con la valigetta. Poi l’accelerazione”. Il web è stato il completamento della rivoluzione: “Velocità e facilità di ricerca – chiosa Concato – hanno reso più semplice il nostro ruolo”. Che nel frattempo si è trasformato, riempiendo il tempo a disposizione di nuove incombenze: “È diventato un lavoro più burocratico: molta più carta, documenti, certificazioni”. Quante storie contiene l’avventura di Concato nella pelle? “Ne ho viste così tante – conclude – che potrei scriverci un libro”.
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