Volumi confermati, valore in lieve calo: l’export 2016 della pelle italiana resiste alla congiuntura. Vendite negli USA ancora in crescita

I numeri confermano le sensazioni. La pelle italiana, nel 2016, ha mantenuto la sua posizione di leadership a livello globale: confermando la propria quota di mercato, resistendo a una congiuntura penalizzante e assorbendo un calo di valore delle sue esportazioni. Risultato: l’export di finito resta in linea sul 2015 per quanto riguarda le quantità, chiudendo pressoché in pari. Cede, invece, seppur lievemente, il valore, che supera i 3,4 miliardi di euro, il 3% in meno rispetto a quanto incassato l’anno precedente. Trattasi, dicono da UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria, il cui Servizio Economico ha elaborato i dati), “dell’effetto combinato di alcuni fattori congiunturali, che hanno determinato un calo del prezzo medio del finito: la persistenza di una domanda debole da parte dei clienti della conceria, orientati a una strutturale richiesta di ribasso dei listini, a cui va aggiunto l’effetto dell’oscillazione valutaria euro-dollaro”. La classifica dei mercati di destinazione conferma, in valore, alcuni trend in corso da mesi. Primo fra tutti: il buon momento della manifattura USA. Washington, infatti, continua ad aumentare i propri acquisti di pelle italiana, mettendo a segno il +14% nel 2016. Le nuove rotte della delocalizzazione sono esplicitate dal calo di acquisti dell’area cinese: alla stabilità di Pechino, infatti, va sommato il -21% di Hong Kong. Crescono, di contro, Vietnam (+9%), Cambogia (+9%), Filippine (+20%), Indonesia (+6%), Myanmar (+34%). Bene la Francia (+2%), sostenuto il trend di Serbia (+15%) e Messico (+22%).

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