C’è un particolare “settore”, molto problematico per la moda (e non solo), che è finito in secondo piano nella cronaca degli ultimi mesi. Ma non per questo, purtroppo, ha smesso di rappresentare un fronte estremamente critico per il mercato. È quello della contraffazione, che sta sfruttando il caos generato dalla pandemia per dilagare. In particolare, le griffe (per cause di forza maggiore) sembra che abbiano ridotto il budget destinato ad individuare i fake, destinando le risorse ad altre attività. Poi c’è l’aumento delle vendite online (un canale che rende più agevole la distribuzione dei tarocchi). E non ultima, la ridotta capacità di spesa dei consumatori che rende, quindi, ancora più attuale un allarme mai cessato. Attenti ai fake, dunque, e alla loro rinnovata aggressività.
Attenti ai fake
Ne sa qualcosa Louis Vuitton. All’inizio di settembre 2020, la polizia di Shanghai ha arrestato 62 persone e sequestrato prodotti falsi LV per 16 milioni di dollari. Secondo Business of Fashion, che ha intervistato diversi operatori ed esperti cinesi, Covid-19 ha scatenato la tempesta perfetta in grado di rendere la contraffazione più aggressiva. Il portale, infatti, spiega che alla riduzione delle spese delle griffe per l’attività anti-fake e all’aumento delle vendite online occorre affiancare altre cause. Per esempio, il fatto che le fabbriche di abbigliamento e calzature contoterziste cinesi sono piene di merci invendute. Terzisti che sarebbero attratti dai guadagni alternativi proposti dai contraffattori. “Covid-19 sta generando più frodi. Più frodi equivalgono a più falsi. Più falsi durante la pandemia vuol dire molti più articoli quando l’emergenza passerà” sintetizza Toe Su Aung di Elipe Limited.
Non solo in Cina
L’articolo di BoF ribadisce come la contraffazione non abbia radici solo in Cina. E sia anch’essa sottoposta a una forma di reshoring. Con la produzione cinese interrotta per il lockdown e anche a causa dei maggiori controlli governativi di Pechino, i contraffattori hanno spostato le loro fabbriche. Per esempio, in Bangladesh e Myanmar. “Bisogna tenere alta la guardia e continuare a concentrarsi sulla contraffazione non come un problema che non c’è più, ma che, effettivamente, è aumentato” ha detto Steve Lamar, vice residente esecutivo di AAFA (American Apparel & Footwear Association). “I marchi dovrebbero lavorare in sinergia” sostengono gli esperti dell’anticontraffazione. (mv)
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