Contraffazione, Supreme a muso durissimo contro il paradosso dei “legal fake”: oltre 350 cause in corso

Supreme duro contro i “legal fake”, in particolare in Italia e Spagna. I “legal fake” sono imitazioni di marchi, ma legali perché il produttore sfrutta il fatto che il marchio non è stato registrato in quel Paese. Uno dei casi emblematici ci porta in Puglia. In questa regione, come rivela anche Telenorba, ci sono due casi Supreme, uno di Michele Di Pierro che ha registrato il marchio Supreme Italia che fa capo a International Brand Firm (IBF), società con sede a Londra e che ha registrato Supreme in una cinquantina di Paesi, e quello di Giuseppe Di Malta titolare di Supreme Gold. Il caso è scoppiato quando nel dicembre scorso Samsung ha comunicato, con una conferenza stampa tenutasi in Corea, di aver intrapreso una collaborazione con Supreme. Ma non era quella “originale” americana. Poi l’accordo è stato annullato quando Samsung si è accorto che la controparte non era quella originale. Ora Supreme sta conducendo una battaglia legale per far valere i propri diritti, ma nel maggio 2018 l’ufficio europeo che si occupa della proprietà intellettuale ha rifiutato la richiesta di registrazione che coinvolge oltre 350 cause in tutto il mondo. “Non credo esistano altre compagnie che debbano gestire qualcosa di simile”, ha dichiarato il fondatore di Supreme James Jebbia a Business of Fashion. “Le persone dovrebbero sapere che l’idea dei legal fakes è una completa farsa. Sarebbe triste se le nuove generazioni pensassero che è un fenomeno legittimo. Non siamo soliti esporci con la stampa, siamo piuttosto riservati e si sta approfittando del nostro atteggiamento. Non abbiamo avuto il tempo di reagire a questa immensa disinformazione” ha spiegato il fondatore. Nell’articolo, il legale di Supreme afferma che Supreme Italia ha cercato, invano, di rivendere a Supreme il proprio trademark. (mv)

 

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