La parola chiave (finalmente) potrebbe essere “sinergia”. Succede che a Gorizia, la scorsa estate, la locale Compagnia della Guardia di Finanza compie un controllo di routine, aprendo il cassone di un camion. Lo scopre pieno di portafogli. I finanzieri notano che ognuno di essi riporta la scritta Vera Pelle e al loro Tenente sorge il sospetto che non sia così. Quella pare tutto fuorché pelle. Il camion (proveniente dalla Cina, sdoganato in Europa, destinato a Firenze) viene sottoposto a sequestro preventivo e alcuni campioni della merce che trasporta inviati a Milano, in UNIC, per farne analizzare il materiale. Guarda un po’: non è pelle. Anzi, peggio. Di pelle è soltanto il pezzetto su cui è stampata la “fallace indicazione”. Parte un procedimento e, fin qui, potrebbe apparire come la solita storia di ordinaria e reiterata fregatura nei confronti dei consumatori. La GdF di Gorizia, però, tenta il salto di qualità. Ha verificato un aumento di importazioni extra UE di prodotti illegittimamente marcati con i marchi di cui UNIC è titolare, ma anche di accessori che millantano il loro essere in pelle. La GdF friulana ricontatta UNIC e “chiede formalmente un corso di formazione” (svolto il 28 ottobre scorso) che gli permetta di approfondire l’identità dei marchi Vero Cuoio/Vera Pelle, i modi per riconoscerne la correttezza e, in caso di controllo di merci sospette, per capire se i prodotti sono in pelle/cuoio o in materiali che li imitano. È la prima che si verifica una sinergia formativa di questo genere e potrebbe avere ulteriori sviluppi a livello nazionale.
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