L’orientamento dei giudici cinesi nelle controversie tra brand locali e stranieri sembra stia cambiando. Lo fa pensare un’altra vittoria ottenuta da New Balance nei confronti dell’imitatore New Barlun in quella che viene considerata (quasi) la madre di tutte le cause antifake. Ma, soprattutto, una sentenza che dimostra l’arrogante banalità del fake. Lo si capisce all’istante osservando la foto (tratta da manofmany.com). Il logo “N” apposto sulle sneaker di New Barlun è “visivamente e concettualmente” simile allo stesso di New Balance. In altre parole: è una violazione del marchio.
L’arrogante banalità del fake
Il Tribunale Distrettuale di Shanghai Huangpu si è pronunciato a favore di New Balance riconoscendole un risarcimento danni di circa 3,85 milioni di dollari. Un valore che fa di questa sentenza una delle più significative per quanto riguarda il mercato dello sportswear in Cina. Questa vittoria si aggiunge a quella ottenuta nell’aprile 2020 quando il Tribunale di Shanghai Pudong pose fine a una battaglia legale che durava da ben 16 anni, riconoscendo a New Balance 1,54 milioni di dollari. New Barlun aveva, infatti, ottenuto la registrazione del proprio marchio grazie a una leggera modifica rispetto a quello del brand americano e, dal 2001, aveva cominciato a vendere i suoi articoli, in particolare sneaker.
Ricavi sostanziali
Il tribunale cinese, ora, ha rilevato che le calzature sportive New Barlun hanno generato ricavi sostanziali e che tale successo era in gran parte riconducibile alla fama e alla reputazione di New Balance e della sua “N”. Il tribunale ha condannato anche il distributore del marchio fake Shanghai Shiyi Trade Co.Ltd. Ma, soprattutto, ha messo nero su bianco che New Barlun ha agito in malafede. Infatti, avrebbe ignorato un’ingiunzione provvisoria che gli ordinava di cessare la produzione e la distribuzione in attesa della sentenza.
Una vittoria per tutti
Carol Wang, avvocato del network legale Rouse, ha osservato su The Fashion Law, che questa sentenza “non è solo una vittoria per New Balance. Ma è un esempio a favore di un’ampia gamma di marchi internazionali che operano in Cina”. (mv)
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