Negli ultimi 30 mesi in Argentina hanno chiuso 7.500 fabbriche di pelletteria e accessori, bruciando 70.000 posti di lavoro. Nel primo semestre del 2018 l’emorragia non si è fermata: 70 imprese hanno spento per sempre i macchinari, lasciando in strada circa 3.000 addetti. I dati snocciolati da CIMA, l’associazione che rappresenta le aziende argentine dell’area pelle, e ripresi dalla stampa bairense non lasciano dubbi: la filiera del Paese è in ginocchio. A determinarne la crisi è una cornice di fattori tutti negativi. Pesano le politiche di liberalizzazioni degli scambi operati dal governo Macri, che hanno portato all’aumento dell’import di articoli di pelletteria del 75% nell’ultimo biennio (in confronto al 2015) e del 50% nell’ultimo semestre. Pesano la caduta dei consumi domestici (-30% da gennaio a giugno), l’aumento delle tasse e la stretta creditizia. Un contesto che “rende impossibile qualsiasi investimento produttivo”, commenta Ariel Aguilar, presidente di CIMA.
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