Bangladesh, l’appello della filiera pelle: “Servono standard per occupare lo spazio lasciato dalla Cina”. Ma Savar è un caso

Se le concerie bengalesi riuscissero a raggiungere gli standard internazionali diventerebbero uno dei più importanti player internazionali del settore. Ne sono convinti il professor M Abu Eusuf dell’università di Dhaka e Abul Kalam Azad, presidente della Tannery Workers Union, due esperti del settore che durante la National Industrial Fair hanno illustrato tutto il potenziale della filiera bengalese. Secondo quanto riporta il thedailystar.net, il docente ha spiegato che la Cina sta orientando la propria produzione di pelletteria e calzature verso segmenti più alti e “questo ha creato un’opportunità per paesi come il Bangladesh, ma dobbiamo rispondere pienamente alle esigenze”. Per Azad il settore “ha un potenziale immenso e potrebbe generare numeri molto più importanti per quanto riguarda l’export”, sempre a patto di rispettare standard più elevati. Tali importanti prospettive di sviluppo si scontrato però con l’attività svolta oggi in maniera non proprio ortodossa da alcuni produttori. Il sito di informazione neagebd.net spiega infatti che alcune concerie del distretto di Savar starebbero continuando a scaricare rifiuti non trattati nel fiume Dhaleswari. “Le nostre ripetute lamentele non sono state ascoltate dalle autorità” ha dichiarato al quotidiano online un residente del villaggio che sorge vicino all’area industriale, e come lui molti altri, nel corso di un incontro pubblico organizzato dalla Bangladesh Environmental Lawyer Association e svoltosi a Savar la scorsa settimana. Tra le persone intervenute durante l’incontro vi sarebbe stato anche il sindaco di Savar, Abdul Gani, il quale avrebbe sostenuto che “il governo ha stilato una lista di 65 aziende che insistono sul fiume, mentre in realtà sarebbero 665”. (art)

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