Dal momento che il disastro del trasferimento da Hazaribagh a Savar da solo non basta, il Bangladesh triplica l’impegno e comunica di voler costruire due distretti della concia in più. Lo ha annunciato il premier bengalese Sheikh Hasina, che conta, grazie ai nuovi siti produttivi, di quintuplicare l’export dell’area pelle del Paese (che oggi vale circa 1,2 miliardi di dollari) entro il 2021. Se la cornice di intenzioni è positiva, a lasciare perplessi è la scadenza a breve giro che il Bangladesh si pone. L’edizione britannica dell’Huffington Post ha dedicato, lo scorso 16 novembre, ampio spazio al reportage sullo stato dell’arte del cosiddetto nuovo distretto della concia, “il cui completamento era previsto per il 2005, e ora è programmato per il giugno 2019”. Solo 92 delle 155 concerie che dovrebbero trovarvi posto si sono già installate nel sito. Savar è carente di tutto: rete stradale, strutture per il trattamento dei reflui e dei rifiuti (ai lati delle concerie si trovano abbandonate a se stessi gli scarti delle pelli grezze). Anche il problema dell’impiego di lavoro minorile, stando all’Huffington, non trova ancora soluzione, mentre il locale corso d’acqua già sembra inquinato come lo sfortunato fiume Buriganga di Hazaribagh. Se queste sono le premesse, dai nuovi distretti bengalesi c’è poco da aspettarsi.
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