La notizia positiva è che si apre un mercato strategico come quello cinese. Pechino ha autorizzato un più ampio numero di operatori brasiliani ad esportare carni verso la Repubblica Popolare: nel 2016 la destinazione è valsa circa 1,4 miliardi di euro, il fatturato (mosso per lo più da carni bovine e avicole) è destinato ad aumentare. Esulta Blairo Maggi, il ministro brasiliano dell’Economia, e ne ha ben donde: a fine agosto l’agenzia Agriconsult ha dimezzato le prospettive di crescita della carne di Brazilia per il 2017. Al 31 dicembre il Paese sudamericano avrà venduto all’estero 1,5 milioni di tonnellate di proteine animali, vale a dire il 10% in più rispetto al 2016. Un prima proiezione voleva la performance al +20%. Mentre la zootecnia brasiliana si barcamena, nel suo complesso, al termine di un periodo reso difficile dall’incombere delle inchieste Carne Fraca e Lava Jato, il principale player del mercato, il gruppo JBS, vede allontanarsi di almeno un mese il redde rationem tra la famiglia Batista e i soci di minoranza guidati dall’agguerrita banca governativa BNDES. Nella guerra di carte bollate, i Batista hanno ottenuto dalla Giustizia brasiliana la sospensione dell’assemblea straordinaria (originariamente in programma per il primo settembre) che avrebbe dovuto decidere della loro permanenza ai vertici del gruppo.
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