Made in Italy salvo grazie… all’acciaio. Da un lato l’Europa che vuole difendersi commercialmente dalla Cina, dall’altro Pechino che, scaduto il periodo di prova di 15 anni all’interno del WTO, ritiene scontato il proprio status di “economia di mercato”. USA, Giappone ed Europa manifatturiera non vogliono che la Cina, ottenendolo, travolga le loro economie. Nei giorni scorsi l’Unione Europea ha trovato un compromesso per accontentare sia i Paesi del Nord Europa, che volevano accogliere la richiesta della Cina, sia quelli del Sud, come Francia e Italia, che invece vi si opponevano. Così ha varato un nuovo sistema di calcolo dei dazi antidumping che si applicherà anche a Pechino che, tra l’altro non prevede l’onere della prova a carico delle imprese europee come invece aveva considerato in un primo momento l’Europarlamento. Il made in Italy (comparto moda, ceramica e legno in particolare) esulta perché, come ha sottolineato Lisa Ferrarini, vicepresidente di Confindustria per l’Europa, “quasi un anno fa c’era una proposta della Commissione UE che con pochi segni di penna avrebbe regalato lo status di economia di mercato alla Cina, mettendo fuori mercato interi settori produttivi. Questo tentativo è stato sventato grazie a un buon gioco di squadra”. Per il Partito Popolare Europeo: “Il nuovo regolamento è una reazione all’eccesso di capacità produttiva cinese e un’economia sussidiata, specialmente nel settore dell’acciaio”. Sull’argomento dumping, e contro il riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina, è intervenuta a più riprese anche la presidente di Assocalzaturifici Annarita Pilotti. L’ultima volta prima di theMicam: “Non possiamo abbassare la guardia. Il Consiglio dei Ministri della UE deve garantire una norma con cui l’industria europea possa chiedere e ottenere dazi compensativi in modo veloce e trasparente”. Il tutto, ora, attende la formalizzazione dal Consiglio Europeo e il voto in seduta plenaria dal Parlamento Europeo a novembre (mv)
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