Reuters fa le pulci a Dior. Un’indagine dell’agenzia di stampa britannica ha rilevato alcune irregolarità presenti nel sito britannico della griffe e relative alla comunicazione del suo impegno contro (proprio) il caporalato e per la sostenibilità di filiera. Gli accertamenti di Reuters arrivano poco dopo il 17 luglio, giorno in cui l’Antitrust italiano ha comunicato di aver avviato un’istruttoria su Dior e Armani per accertare eventuali condotte illecite nella “promozione e nella vendita di articoli e di accessori di abbigliamento”.
Reuters fa le pulci a Dior
Reuters ha rilevato che, fino al 19 luglio, il sito web britannico di Dior riportava una dichiarazione anti-schiavitù ormai obsoleta – datata 2020 -, e una certificazione di sostenibilità non più valida. Nel Regno Unito, le grandi aziende sono obbligate a pubblicare ogni anno i documenti in cui elencano i provvedimenti anti-schiavitù moderna nelle loro catene di fornitura a livello globale. Dior aveva pubblicato tale dichiarazione fino al 2020. Solo il 18 luglio scorso, quando è stato informato da Reuters della sua inosservanza, ha aggiornato la dichiarazione, postando quella relativa al 2023, approvata dal CdA di Christian Dior UK lo stesso 18 luglio, come si può osservare cliccando qui. Sempre Reuters precisa che Parfums Christian Dior UK era, invece, in regola, avendo pubblicato questa dichiarazione nel 2021, 2022 e 2023 (NB: la pagina del sito da noi verificata è attualmente inaccessibile).
Il Butterfly Mark
Un’altra “imprecisione” riscontrata da Reuters riguarda la pagina della sostenibilità del sito di Dior. Qui era pubblicato il Butterfly Mark, certificazione rilasciata dalla società Positive Luxury (che chiede anche il grado di supervisione della filiera). Christian Dior Couture aveva ottenuto la certificazione nel 2021. Ma a giugno 2023, al momento della revisione, ha deciso di non rinnovarla. Per cui, secondo la CEO di Positive Luxury, Amy Nelson-Bennett, Dior avrebbe dovuto rimuovere la certificazione entro 90 giorni dalla decisione di non essere rivalutata. Cioè: entro settembre 2023. L’ha rimossa, invece, solo dopo il 19 luglio 2024. Disattenzioni, coincidenze che hanno convinto Reuters a fare le pulci a Dior. (mv)
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