L’avevano annunciato, lo stanno per presentare. La Prefettura di Milano, in collaborazione con il Tribunale del capoluogo lombardo, si appresta a varare il protocollo per censire le imprese della filiera della moda. Il documento è propedeutico alla realizzazione del database dei fornitori che, nelle intenzioni dei promotori, deve fungere da argine ai fenomeni di caporalato come quelli emersi dalle inchieste lungo le supply chain di Manufactures Dior e Giorgio Armani Operations.
Le intenzioni delle istituzioni
Stando alle anticipazioni di MFF, il protocollo per la filiera della moda sarà sul modello di quello di luglio 2024 per la legalità nei contratti di appalto della logistica. Il database dei fornitori sarà consultabile da brand, imprese e associazioni e sarà lanciato in fase sperimentale per un anno, prima di essere sottoposto a revisione. Lo strumento raccoglierà i documenti sulle conformità aziendali in temi di fisco e lavoro, nonché sulla loro manodopera. Non solo: la banca dati dovrebbe dialogare con altre (come quelle di INPS e INAIL) ed essere collegata a un sistema premiale per chi decide di aderivi. Già, perché l’adesione sarà su base volontaria.
Il commento
Tutto bene? Sì e no. La stessa MFF raccoglie l’opinione di Mara Chilosi, presidente di Aodv231. Dell’associazione, cioè, “che riunisce professionisti ed esponenti aziendali impegnati negli organismi di vigilanza previsti dai modelli di organizzazione adottati in base al Decreto 231/2001”. Per appurare la validità del database bisogna acclarare diversi aspetti. Innanzitutto, i limiti della sua dimensione regionale: è valido solo per la Lombardia. E, poi, la capacità di tutelare la riservatezza delle imprese aderenti, che sono chiamate a pubblicarvi documenti sensibili anche dal punto di vista del segreto industriale.
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