Certo, per quanto riguarda i manager il reato è prescritto (mentre per la società, no). Ma è destinata a rappresentare un precedente interessante la sentenza 30813 della Corte di Cassazione. Perché sancisce che il board di un brand, per quanto grande, è direttamente responsabile anche di un incidente periferico come una dipendente che cade. È quanto si è sentito dire il presidente del Consiglio di Amministrazione del marchio italiano che fa capo “a una multinazionale” e vanta “oltre 1.200 dipendenti nel mondo e 62 punti vendita in Italia”, scrive il Sole 24 Ore. La store manager della boutique fiorentina è inciampata in un carrello per gli abiti e anche lui deve rispondere di lesioni.
Il caso della dipendente che cade
La Cassazione, dunque, non riconosce la posizione della difesa, per la quale l’incidente è stato una fatalità, mentre il presidente del board non può avere il controllo di quanto accade in tutti gli store del marchio. Perché? Secondo le toghe, all’origine dell’infortunio c’è la scarsa lungimiranza dei vertici societari, che hanno così violato il modello 231. “All’ente viene, infatti, contestato il risparmio di spesa che sta nel non aver previsto locali più ampi una diversa organizzazione dell’attività – riporta il quotidiano economico milanese –. Per la Corte la messa in sicurezza aveva due vie: un magazzino per le merci o un locale più grande”. La maison si vede anche confermato il pagamento di una sanzione di 103.000 euro.
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