Che cosa non va nel lusso contemporaneo, in Shein e nell’India

Che cosa non va nel lusso contemporaneo, in Shein e nell’India

Il 92enne Roberto Capucci è un padre nobile della moda italiana. Per questo sentire la sua opinione sul lusso contemporaneo è interessante: certo, la sua bocciatura dell’avidità, per così dire, del sistema industrial-finanziario rimane un parere personale, ma la sua predilezione per i vecchi atelier non è solo nostalgia. La rassegna stampa della settimana, a proposito di cose che non vanno, ci regala anche letture interessanti sul sistema sociale indiano e su Shein.

Consigli di lettura:

  • L’intervista a Capucci del Sole 24 Ore sul lusso contemporaneo è da leggere tutta d’un fiato: “Ho compreso, anche se non condiviso, l’industrializzazione e quindi una diffusione maggiore della moda, che gestita in un certo modo andava benissimo. Ma poi la logica del guadagno a ogni costo mi ha spiazzato”;

 

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  • Shein è la piattaforma e-commerce cinese ultra veloce che in pochi anni ha scalato le gerarchie del fast fashion. Finisce spesso sulla stampa per i meriti imprenditoriali. Ma anche per le controversie che suscita: Reuters scrive che sui progetti di IPO negli States si allungano le ombre circa la filiera manifatturiera in patria;
  • A proposito di cronache, ogni tanto si torna a leggere dei danni che l’integralismo induista arreca all’economia e alle società dell’India rurale. Dal 2020 nello Stato del Karnataka è in vigore una legge d’ispirazione religiosa che vieta il commercio di bovini: secondo The Wire, le conseguenze sono disastrose.

 

 

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