La Cina ha smesso, dall’oggi al domani, senza atti preparatori o comunicazioni preliminari, di comprare frassame dall’estero. Le aziende italiane, prese alla sprovvista dal provvedimento, non solo si trovano con container bloccati nei porti della Repubblica Popolare da settimane (e chissà per quanto ancora), ma rischiano di dover rinunciare a un canale commerciale che frutta ogni anno all’intera filiera dai 20 ai 30 milioni di euro. Sono gli effetti collaterali del cosiddetto Waste Ban, bando entrato in vigore dal primo gennaio 2018. Elaborato a Pechino per interrompere l’import in Cina di rifiuti solidi, per una improvvida interpretazione ministeriale ha chiuso i porti della Repubblica Popolare anche ai ritagli di pelle (grezzo o crosta wet blue). Delle conseguenze del Waste Ban sulla concia italiana vi parliamo sul numero 11 de La Conceria e, ancor di più, ci torneremo sul 12. Di certo c’è che, un codice doganale alla volta, diverse tipologie di ritagli di pelle, byproduct per nuovi prodotti, sono state assimilate ai rifiuti. E che gli sviluppi della vicenda dipendono dagli umori della burocrazia cinese.
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