Cina: il Covid ferma la moda (e riscoppia la tensione con gli USA)

Cina: il Covid ferma la moda (e riscoppia la tensione con gli USA)

Il Covid ferma ancora la Cina. Le autorità del Paese hanno disposto il lockdown in diverse province, inclusa quella manifatturiera del Dongguan, in seguito all’impennarsi delle positività. Intanto le dogane statunitensi fermano nei porti i container del gruppo dello sportswear Li-Ning. Riagitando lo spauracchio della guerra commerciale tra le due sponde del Pacifico. Risultato? I titoli del lusso, che fronteggiano pure le conseguenze della guerra in Ucraina, calano in Borsa. E, soprattutto, l’industria della moda si prepara ad un’altra ondata di interruzioni della supply chain e a chiusure di negozi.

Il Covid ferma la Cina

Dongguan, dicevamo, è un importante centro di calzaturifici e pelletterie nella provincia del Guangdong. Qui le autorità hanno imposto lo smartworking e la chiusura delle aree residenziali, dove sono consentite solo le attività necessarie. Nelle aree dove si registrano casi di contagio da Covid, le aziende devono interrompere immediatamente la produzione. Le misure di contenimento sono in vigore fino al 21 marzo, quindi per circa una settimana complessiva. “La Cina è destinata a subire un forte rallentamento a marzo, dato che sta affrontando il peggior focolaio di Covid dal 2020 – spiega a CNBC Larry Hu, capo economista cinese di Macquarie –. In questo momento i politici antepongono la strategia zero Covid alla crescita economica”.

 

 

Lo stress delle filiere

Il timore è che lo stop di fabbriche e porti cinesi scateni nuovo caos in supply chain già sotto stress. Con ulteriore spinta all’inflazione, oltretutto. La chiusura dei negozi tra Cina e Corea rende incerte le prospettive di vendita dei marchi, molti dei quali alle prese con l’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina. I titoli hanno subito accusato la tensione. Secondo Jing Daily, le restrizioni commerciali e i limiti alla mobilità potrebbero ridurre la disponibilità di beni di lusso, dando il fianco ad un nuovo aumento dei prezzi, soprattutto di borse e articoli in pelle.

Il caso Li-Ning

Come se non bastasse, negli States scoppia il caso Li-Ning. Dal 14 marzo le sue merci sono ferme nei porti statunitensi. Perché? Secondo US Customs and Border Protection, il gruppo cinese utilizza manodopera nordcoreana nella sua filiera. Per sdoganare le merci, Li-Ning deve dimostrare con “prove chiare e convincenti” (recita la nota dell’autorità statunitense) che nella sua filiera non si fa ricorso a lavoro forzato. Se le prove non arriveranno entro 30 giorni dall’avviso di fermo, “la merce potrebbe essere soggetta a sequestro e confisca“. Il preludio del ritorno della guerra commerciale USA-Cina? (mv)

In foto (d’archivio Shutterstock) Shanghai in lockdown

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