L’appello degli industriali toscani è diretto: “Presto la fase 2”. L’espressione l’ha usata il premier Giuseppe Conte, annunciando l’estensione del lockdown fino al 13 aprile. Alla fase 1 di risposta all’epidemia di Coronavirus, quella attuale della quarantena di massa, seguirà la fase 2, di allentamento graduale delle restrizioni e di convivenza con il virus. Confindustria Toscana, insieme alle territoriali di Firenze, Livorno e Massa Carrara, Toscana Nord, Toscana Sud e Unione Industriale Pisana, chiede che si arrivi in tempi rapidi al prossimo step. Nel rispetto delle misure di sicurezza necessarie a garantire la salute dei lavoratori e degli operatori, per il governo è tempo di guardare avanti. Perché il sistema perde 1,2 miliardi di valore aggiunto al mese, dicono, e i danni alle filiere rischiano di essere irreversibili.
“Presto la fase 2”
“Per le aziende toscane lavorare in sicurezza è la priorità – è il commento del presidente di Confindustria Toscana, Alessio Marco Ranaldo –. La sicurezza dei nostri lavoratori viene prima di tutto: lo è sempre stata e lo sarà sempre”. Le aziende toscane hanno già sottoscritto con i sindacati e la Regione le linee guida regionali. Per questo “se le imprese sono in grado di assicurare ai propri dipendenti di operare in sicurezza – continua – dobbiamo iniziare a progettare una graduale ripartenza, anche attuando interventi ulteriori di protezione. Ed è pure necessario rivalutare il criterio dell’appartenenza a settori strategici, visto che quando ci dovremo far carico dei costi ingentissimi della ripresa, tutti i settori saranno strategici”.
I danni economici
La nota di Confindustria Toscana, ripresa dalle agenzie e dalla stampa locale, precisa che la fase 2 è necessaria per evitare che alla recessione si innesti una depressione dai costi sociali molto alti. Le filiere industriali sono integrate, ammonisce l’associazione, e già ora per l’impossibilità di eseguire gli ordini i volumi sono in calo. Il rischio, conclude Confindustria Toscana, è che si perdano comparti d’eccellenza. E quello che si chiude per decreto, non è detto riapra solo perché c’è un provvedimento amministrativo a permetterlo.
Immagine d’archivio La Conceria
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