Cambogia, Indonesia e Vietnam sono avvisate: sulla piazza arriva un nuovo concorrente, pronto a metterle in difficoltà sul piano del prezzo. Dopo l’incontro del 12 giugno a Singapore tra il presidente statunitense Donald Trump e il nord-coreano Kim Jong Un (nella foto), in molti sono pronti a scommettere sulla manifattura di Pyongyang. Secondo esperti sentiti da Reuters, l’eventuale fine delle sanzioni potrebbe spingere il Paese dell’estremo Oriente non tanto verso Washington, ma verso Pechino: perché la Cina offre un modello economico più vicino alle esigenze di Pyongyang e perché i due Paesi hanno già solide relazioni commerciali (la Repubblica Popolare acquista più del 90% dell’export nord-coreano). Anche e soprattutto nella manifattura tessile e calzaturiera. Come riporta ancora Reuters, imprese cinesi di Dandong già delocalizzano nel Paese confinante, dove la produttività della forza lavoro è superiore del 30% a quella cinese e la paga media pari a meno della metà. Professionisti di Seul sentiti da BOF, in più, scommettono sulla capacità di apprendimento della manovalanza nord-coreana, in grado di diventare competitiva anche sul piano della qualità del lavoro. Il Far East non sarà più lo stesso.
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