“Ci spiace, caro amico vegano”. La redazione de La Conceria si stringe intorno all’anonimo contributore di Facebook, il cui sfogo social è rimbalzato come una pallina in un flipper tra le pagine di “lotta”, si fa per dire, al conformismo ultra-green. La vicenda è di facile lettura. L’utente, lo scorso dicembre, ha comprato un paio di scarpe “vegane” di un brand italiano “specializzato”. Quattro mesi dopo, le calzature si presentano in queste condizioni: “Ampi squarci in uno strato di simil-pelle (sic!) spesso pochi micron che ricopre uno strato di… cartone?!”. Ti siamo vicini, amico vegano. Ma il tuo disappunto ci ricorda quello dei clienti USA del cosiddetto cuoio rigenerato: non esiste la “simil-pelle”, o lo è o non lo è, a prescindere da qualsiasi cosa sostenesse il commesso che ti ha venduto le scarpe vegane. La differenza c’è e si vede. E poi, amico vegano, possiamo solo immaginare quanto, lo scorso dicembre, ti sentissi di comprare un prodotto green. Ma hai mai pensato, a proposito di sostenibilità, al valore della durabilità di un accessorio? Se anche meno della metà degli oltre 7 miliardi di persone che popolano il mondo usassero tutte scarpe che dopo meno di 4 mesi cadono a brandelli, secondo te l’umanità sarebbe più sostenibile? Non ti imponiamo di leggerci ogni giorno. Però informati. Certe cose le sapresti.
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