È una storia che si trascina da così tanto tempo che la parola fine sembrava non dover arrivare mai. Invece, stando a quanto riporta la stampa locale, l’8 aprile il Dipartimento per l’Ambiente del Bangladesh ha davvero staccato le utenze (gas, luce e acqua) alle concerie di Hazaribagh, come previsto da una disposizione dell’Alta Corte del Paese datata 6 marzo. La querelle più che decennale sulla chiusura del distretto della pelle alle porte di Dacca (i media bengalesi calcolano che nel 2016 le concerie di Hazaribagh hanno sversato 21.600 metri cubi di liquidi inquinanti, contenenti cromo, ammonio e solfuro) volge al termine. Adesso si attende il trasferimento al nuovo parco industriale di Savar, dove operano 47 aziende con un impianto di trattamento dei reflui ancora provvisorio, di 107 imprese. La questione assume rilievo sociale. Si calcola che ci potrebbero volere fino a 5 mesi per l’effettivo trasferimento delle attività imprenditoriali, mentre i circa 45.000 addetti del distretto di Hazaribagh non hanno garanzie sul futuro lavorativo.
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