A quanto si apprende, solo nel 2018 le vittime di linciaggi in India sono state 22. La casistica prevede due possibilità: a cadere sotto la violenza della folla sono poveri disgraziati che finiscono additati, in bufale criminali montate ad arte sui social, come pedofili e rapitori di bambini; oppure gli operatori della filiera della carne, in gran parte musulmani della casta più umile, presi di mira dai Cow Vigilantes, le formazioni paramilitari di induisti radicali. Il problema è che il governo a guida BJP, partito nazionalista e ultra-induista, non muove un dito. Al punto che si è reso necessario l’intervento della Corte Suprema, si legge sulla stampa locale, per spronare il governo a promulgare una legge sul fenomeno che contenga “misure preventive e punitive”. Che la situazione in India non sia delle più semplici lo conferma anche un altro intervento della Corte Suprema. Il Taj Mahal, il mausoleo del XVII secolo patrimonio dell’Unesco, versa in pessime condizioni, mentre i piani di recupero degli ultimi anni non hanno portato risultati. Il monumento è situato nella città calzaturiera di Agra e nello stato ad alta concentrazione conciaria dell’Uttar Pradesh. Gli specialisti individuano tra i motivi di rovina dei marmi del Taj Mahal le acque inquinate dagli scarichi industriali che gli scorrono intorno. Ebbene, ora la Corte Suprema pone un aut aut al governo: o si impegna a restaurare e mettere in sicurezza la struttura, oppure tanto vale che la abbatta.
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