In Francia sì, in Italia no. In madrepatria, Kering e LVMH hanno preferito non fare ricorso agli ammortizzatori sociali per risparmiare alle casse dello Stato un ulteriore fardello. Ma nel Belpaese, dove hanno una profonda presenza commerciale e (soprattutto) manifatturiera, i colossi francesi del lusso non hanno dimostrato la stessa attenzione. Qui avrebbero approfittato degli strumenti del decreto Cura Italia per socializzare le difficoltà causate dal Coronavirus. Lo scrive The Post Internazionale (TPI): sono circa 5.000 i dipendenti italiani di Kering, tra retail e produzione, per i quali è scattata la Cassa Integrazione. Un migliaio, invece, quelli del gruppo LVMH.
In Francia sì, in Italia no
Tutto lecito, sia chiaro. L’appunto di TPI è di natura politica, potremmo dire: perché i due gruppi non hanno avuto anche in Italia la sensibilità per la finanza pubblica sbandierata in Francia? Ad esempio, “per il gruppo Kering tutti i marchi, ad esclusione di Ginori, hanno la cassa integrazione in deroga o il Fondo di integrazione salariale – riassume con TPI Luca De Zolt (Filcams CGIL) –, perché alcuni hanno meno di 50 dipendenti. In quest’ultimo caso l’azienda anticipa il trattamento dovuto dall’INPS, mentre per i lavoratori che hanno la cassa in deroga l’azienda anticipa tredicesima e quattordicesima per le prime 9 settimane, che ormai sono quasi esaurite. Per tutti le aziende integrano il 100 per cento della retribuzione dovuta”.
Le scelte nell’Esagono
Che poi, a dirla tutta, la stessa magnanimità francese non si può considerare del tutto spontanea. Come ricostruiva Financial Times ai primi di aprile, anche a Parigi le due holding, che gestiscono griffe miliardarie come Louis Vuitton e Gucci, avevano aperto il dialogo con i sindacati per il ricorso agli ammortizzatori sociali. E poi? Poi si è posta una questione di immagine. I due gruppi fanno capo a Bernard Arnauld e François-Henri Pinault, rispettivamente terzo e ventisettesimo nella classifica Forbes degli uomini più ricchi al mondo. Avrebbero incontrato l’ostilità dell’opinione pubblica. Come se non bastasse, ci si sono messi anche i concorrenti: quando Hermès e Chanel hanno annunciato la rinuncia al CIG, per LVMH e Kering non c’era altra scelta. Per lo meno in Francia.
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