La filiera indiana della carne-pelle si divide in una disperata rincorsa tra chi anela la liberalizzazione dell’export e chi, a valle del cluster, implora la preservazione del sistema protezionistico per tutelare i propri interessi. Il primo colpo l’hanno battuto a dicembre i rappresentanti dell’industria zootecnica. Come riporta la stampa locale, in vista della chiusura trimestrale del distretto di Kanpur e Unnao, macelli e trader chiedevano la sospensione del dazio sull’export di pelle grezza ovina e bovina (bufalo). L’istanza era presentata alle autorità con una certa urgenza, dal momento che la materia prima conciaria necessita di tempestiva collocazione sul mercato. Non risultano risposte governative, ma i media indiani raccontano come i produttori di pelli semi-lavorate (sottoposte a dazio al 60%) abbiano colto la palla al balzo per chiedere l’equiparazione del loro prodotto alla pelle finita (il cui export non è sottoposto a tassazione aggiuntiva). A porre un freno alle richieste di libertà ci pensano, però, i produttori indiani di calzature, accessori e abbigliamento in pelle. Che intimano al Governo di non cedere alle richieste degli stakeholder della filiera, perché altrimenti il settore vedrebbe crollare i propri equilibri produttivi, a discapito di fatturato e livelli occupazionali.
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