Se non altro, il modello di Adidas (Zx Flux) premiato alla categoria sneaker si presenta per quello che è: una calzatura confezionata con tessuti e materiale sintetico. Così come alcuni vincitori nelle categorie abbigliamento hanno la coerenza di non proporre (né evocare) la pelle. Ma gli altri modelli impalmati da PETA per l’edizione 2016 del Vegan Fashion Award sono il solito brodino: accessori che non si impegnano a inventare una nuova estetica, ma rimangono al traino di quella della pelle. La giuria nominata dalla onlus famosa per le piazzate contro l’uso delle pelli di rettile o di struzzo, alla fin fine, finisce per promuovere il bluff di chi, con la definizione di “ecopelle”, truffa il cliente e gli dà a bere che sta indossando un prodotto amico dell’ambiente. Scorrendo i vincitori del Vegan Fashion Award gli esempi non mancano. Si prendano le scarpe da uomo Wills (nella foto), griffe che si autodefinisce “vegetarian” e “vegan”, ma che per le sue inglesine sfoggia una microfibra lucida che sembra vitello spazzolato. Ancora: le borse Freibeutler e Kaliber (vincitrici rispettivamente delle sezioni pelletteria uomo e donna), che allo stesso modo fanno mostra di inserti che appaiono di pelle, ma non lo sono. Più sottile è il caso delle Birkenstock Madrid (nella foto): PETA ne premia un modello con la fascia in materiale plastico, ma la maison tedesca ne produce anche con il plantare rivestito in pelle. Allo stesso tempo è indicativo che l’immagine scelta per corredare la scheda di Lanius, la griffe che ha vinto la categoria “abbigliamento donna”, immortali una modella che, al vestito composto in una fibra derivata dall’eucalipto, abbina tronchetti scamosciati (o simil-scamosciati, chissà…). Insomma, il problema è il solito: ai vegani non piace l’idea di utilizzare nella moda spoglie animali. Ma non riescono a rinunciare alla bellezza evocativa della pelle vera. (rp)
La banalità degli Oscar della moda Vegan, fermi all’imitazione del cuoio
