Un circuito di cinture fake che da Pescara si allungava a Milano, Trezzano sul Naviglio e Cusago. L’operazione congiunta delle Fiamme Gialle del capoluogo abruzzese e della Lombardia ha portato al sequestro di oltre mille cinture. Nonché alla contestazione a esercenti di cittadinanza cinese dei reati di frode in commercio e vendita di prodotti con segni mendaci. Perché? Le cinture erano etichettate come composte al 100% di vera pelle. Ma, anche grazie alla consulenza di UNIC – Concerie Italiane e alla perizia di SSIP, si è appurato che non è così.
Il circuito di cinture fake
La cronaca locale racconta che a insospettire le Fiamme Gialle è stato, per prima cosa, il prezzo incongruamente basso degli articoli. Poi, come si intuisce dalle foto, i contrassegni delle cinture non la contavano giusta a partire dalle questioni tipografiche. La stampa superficiale “100% vera pelle” non è chiaramente leggibile, mentre sull’etichetta ci sono marchiani errori come “febbia” o lo sgrammaticato “VERA PELLL:”. Già questo basterebbe a contestare la non conformità al dettato di legge, secondo il quale “il contrassegno, oltre ad essere facilmente leggibile, visibile e accessibile, deve essere anche durevole”. Ma i problemi delle cinture fake non finiscono qui. Perché la perizia di SSIP ha rilevato che le cinture sono composte da diversi strati di materiali (tra cui, all’interno, anche la pelle) che non ne consentono assolutamente la definizione di “manufatto in pelle” ai termini del Decreto Pelle.
E ora sono guai
La merce posta sotto sequestro ha un valore commerciale, informa la cronaca locale, di circa 10.000 euro. I commercianti cinesi, che già hanno precedenti per contraffazione e ricettazione, sono chiamati ora a rispondere della violazione di diverse norme, incluso il Decreto Pelle.
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