Il primo botta e risposta tra Pechino e Washington ha risparmiato la filiera della pelle: né i dazi imposti sull’import di prodotti cinesi dagli Stati Uniti in primavera (ed entrati in vigore a inizio luglio), né quelli applicati in risposta dalla Repubblica Popolare riguardano il prodotto conciario. Abbastanza da consentire a USHSLA, l’associazione a stelle e strisce dei trader, di tirare un sospiro di sollievo. Solo momentaneo, però. Perché a quanto si apprende dalla stampa internazionale, USA e Cina non hanno ancora finito di scambiarsi cortesie e nel prossimo giro di provvedimenti restrittivi per l’interscambio, a questo punto, non si può escludere che finiscano anche pelli, crust e semilavorati. Perché? L’amministrazione Trump è al lavoro per una nuova lista di beni d’importazione cinese da sottoporre a dazio del 10%. Nell’elenco compaiono borse, guanti e accessori in pelle: il provvedimento, si legge, dovrebbe essere pronto entro la fine dell’estate. Gli analisti già azzardano diverse interpretazioni: nuove imposte significano prezzi più alti per i consumatori statunitensi, così come i brand nordamericani saranno costretti a ristrutturare la propria catena del valore. Ma soprattutto, aggiungiamo noi, la mossa legittimerà nuove contromisure di rappresaglia da parte di Pechino. Difficile aspettarsi qualcosa di buono.
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