Quando la burocrazia ci mette lo zampino, anche il protezionismo funziona male. Lo scoprono sulla loro pelle (è proprio il caso di dirlo) in Turchia, dove dallo scorso 16 agosto è in vigore un dazio tombale: 500 dollari a tonnellata di wet blue bovino e del 40% sul valore di vendita del semilavorato ovicaprino. Peccato che i “tecnici” di Ankara abbiamo fatto di tutto il wet blue un fascio, includendo in questa categoria anche le split: le croste. Una “distrazione” che ha convinto l’associazione dei conciatori turchi a richiedere la revisione del dazio al Ministero dell’Economia,per escludere le croste dal provvedimento. La loro pressione è andata a buon fine: le croste dalla scorsa settimana non sono più soggette a dazio. Resta valido tutto il resto, allo scopo di “incoraggiare le concerie nazionali a valorizzare il wet blue in patria”. Sulla questione del protezionismo turco, i conciatori italiani rappresentati da UNIC insieme alla confederazione europea Cotance, hanno sensibilizzato la Commissione Europea, che ha deciso di inviare ad Ankara un richiamo. Ma gli effetti di quest’ultimo sono, per ora, difficili da prevedere. Nella foto: interni della conceria turca Akif Kopuf (foto tratta dal sito aziendale).
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