Perseveranza USA e pelle made in Italy: con Mark Cross rivive il lusso statunitense

C’è un po’ (un bel po’) di Italia dietro la rinascita di Mark Cross, probabilmente il più longevo brand statunitense di lusso. Dietro il suo successo c’è certamente la perseveranza degli imprenditori che hanno deciso di farlo tornare ai fasti del passato. Ma l’operazione non sarebbe riuscita senza la pelle e la manifattura made in Italy. Riavvolgiamo il nastro e affidiamoci al racconto di Business of Fashion. La griffe Mark Cross, fondata a Boston nel 1845 come selleria, vive le sue migliori stagioni tra la belle époque e gli anni 50. Quando nel 1993 Sara Lee Corporation (gruppo che all’epoca dei fatti possiede anche Coach) lo acquista per 7 milioni di dollari è già in fase calante. Quando una causa attribuisce la proprietà al socio J.P. Wilkin Jr., manager con esperienza nella valigeria, è praticamente un nome senza più azienda dietro. La storia cambia corso quando Wilkin, nel 2003, entra in contatto con Neal J. Fox, dirigente proveniente dal mondo del retail di lusso. I due, oltre che soci, diverranno amici, accomunati dall’intenzione di ridare auge al brand Mark Cross. Il primo tentativo di riportare la griffe in circolazione con un prezzo medio di 250 dollari è datato 2008: un fiasco. I due capiscono che per competere con il mondo dell’alto di gamma hanno bisogno di maggiori mezzi: per questo aprono la compagine a un socio che rileva il 50% delle azioni e inietta liquidità. Nel 2013 Mark Cross stringe un accordo di distribuzione con Saks Fifth Avenue e arriva agli scaffali con prodotti in pelle italiana e manifattura cinese. Bene, ma non benissimo. Siamo negli anni della crisi e la coppia Wilkin-Fox intuisce che per farcela davvero è necessario alzare ancora di più la posta: abbandonano la Repubblica Popolare a favore delle manifatture italiane e alzano il prezzo medio a 2500 dollari. È un successo. Il passaggio della distribuzione a Barneys garantisce volumi di acquisto maggiori. Mark Cross esce dai confini dei nostalgici della moda USA che fu e sfonda il muro dei millennials: Rihanna e Lady Gaga si fanno immortalare con i suoi accessori. Nel 2015 parte l’aggressione ai mercati internazionali e nel 2016 il giro d’affari cresce del 76%. Ora la maison studia investimenti nel retail diretto e nella distribuzione online. Il lusso è statunitense, ma senza made in Italy chissà come sarebbe andata.

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