Lo stipendio medio degli operai cinesi nel 2016 era di 3,60 dollari l’ora: il triplo rispetto al valore del 2005. Il salario delle tute blu di Pechino è ormai più alto di quello dei colleghi in Brasile e Messico (dove la paga nel decennio è invece calata) e quasi al livello di quelli di Grecia e Portogallo. Lo sostiene il centro studi Euromonitor International (su dati Eurostat, ufficio statistico cinese e International Labour Organisation) in un report ripreso da Financial Times. Secondo lo studio, l’aumento dei salari è legato anche alla progressiva crescita della produttività: lo stipendio nel manifatturiero è cresciuto di più di quello di altri settori, come agricoltura ed edilizia. L’odierno livello dei salari, conclude lo studio, ha ripercussioni sugli equilibri internazionali (e questo è sotto gli occhi di tutti): chi continua a cercare produzioni a basso costo trasferisce le linee a seconda delle convenienze nel Sud Est asiatico, in Europa o in America Latina. Il governo cinese, intanto, lavora alla migrazione dal modello economico “Fabbrica del Mondo” alla nuova identità di Paese manifatturiero che non fa dell’economicità la propria leva competitiva.
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