Dai negozi del lusso in Italia, ai titoli delle griffe in Europa, fino all’approvvigionamento di prodotti made in China: l’allarme cresce tra timori e preoccupazioni, il Coronavirus contagia anche la moda.
Risposta della finanza
I primi a reagire al virus cinese sono stati i mercati azionari. In una fase in cui non si conoscono bene entità e rischi dell’epidemia, gli investitori nutrono grandi timori e si cautelano con beni rifugio e titoli di stato. Non dimentichiamo che gli acquirenti cinesi rappresentano il 35% delle vendite globali di beni di lusso, secondo Bain & Company. Nei giorni scorsi ne hanno risentito in misura particolare le quotazioni delle azioni dei brand maggiormente esposti con il mercato cinese, riepiloga Reuters. In particolare, quelli delle maison che contavano di recuperare sul mercato cinese le perdite registrate ad Hong Kong.
Il Coronavirus contagia anche la moda
Equita osserva come la paura di contagio potrebbe indurre i cinesi a ridurre i viaggi, con una conseguente riduzione dei consumi. Credit Suisse evidenzia, invece, come il mix tra Coronavirus e le proteste ad Hong Kong espone l’area a ulteriori incertezze. La possibilità che il mercato cresca come previsto è fortemente a rischio. L’ancora di salvataggio è il commercio online, che dovrebbe mitigare il presunto calo degli acquisti nei negozi fisici. “Pensiamo che lo shock sulle vendite retail – commentano con Il Sole 24 Ore da Barclays – questa volta potrebbe non essere così grande come con la Sars, considerato che le vendite online oggi prevalgono e non saranno colpite in modo significativo al contrario dei negozi fisici”.
E i viaggi?
In Italia già si teme il calo dei consumi da parte dei turisti cinesi. Secondo Global Blue, nel 2019 i consumatori della Repubblica Popolare rappresentavano il 28% del totale acquisti tax free. “In realtà abbiamo già riscontrato un leggero calo delle presenze” ha affermato ancora a Il Sole 24 Ore Maria Letizia Rapetti, presidente della Nuova Associazione Babuino di Roma.
Il dibattito sui rifornimenti
A preoccuparsi sono anche le aziende che acquistano merci e prodotti dalla Cina. Negli States gli importatori di calzature si aspettano tempi di consegna più lunghi del solito. Karen Giberson, presidente e CEO di Accessories Council, in un commento raccolto da Footwear News ha sottolineato l’importanza di sviluppare una supply chain diversificata: “Una catena di approvvigionamento con una sola provenienza rende le aziende molto vulnerabili. Lavorare con nuove fabbriche può richiedere molto tempo e fatica. Suggeriamo alle nostre aziende di esplorare le opzioni prima che ci sia una crisi“. (mv)
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