Scarpe senza Ristori. Ad oggi i negozi di calzature “per adulti”, che nelle Zone Rosse devono rimanere chiusi, sono esclusi dal Decreto Ristori. E la polemica monta. Per Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia, “è una decisione assurda e surreale”. Per i tributaristi dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) “una dimenticanza macroscopica”. Critiche anche da Marche e Piemonte sul meccanismo dei ristori basato sui codici Ateco.
Scarpe senza ristori
In altre parole, alla base della dimenticanza ci potrebbe essere un banale errore del programma. Nelle Zone Rosse i negozi che vendono scarpe da bambino possono rimanere aperti. E hanno lo stesso codice Ateco (47.72.10) di quelli che vendono calzature uomo e/o donna. Per cui il computer potrebbe aver escluso dalle attività soggette a ristoro questo codice ritenendolo attribuito solo ad attività commerciali non penalizzate dalle restrizioni. Evidentemente ciò è sfuggito anche ai controlli.
Una visione molto miope
“Far riferimento ai meri codici Ateco, anziché guardare alla grave crisi del comparto nel suo complesso, è una visione molto miope” tuona Renato Borghi su Fashion Magazine. L’esclusione dei negozi di scarpe “è una discriminazione che non possiamo tollerare e non vogliamo accettare”. La decisione non è passata inosservata ai tributaristi dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT): “Si sperava che rispetto alle bozze circolate in questi giorni, il testo definitivo e gli allegati fossero corretti – ha dichiarato sul Corriere della Sera il presidente Riccardo Alemanno – e invece…”.
Errore di sistema
Nonostante le Marche siano Zona Gialla e i negozi siano aperti, la Sezione Commercio di CNA Fermo commenta: “Il meccanismo dei ristori basati su codici Ateco è un sistema contorto. E si rischia che per errori del sistema qualcuno inspiegabilmente resti fuori, come avvenuto per i negozi di scarpe. Tra l’altro questo sistema si basa sul ristoro verso chi ha subìto restrizioni di orario e chiusure. Come se chi resta aperto abbia incassi sufficienti per andare avanti. Non è così. Soprattutto per il settore manifatturiero”. Dal Piemonte, Vittorio Ferrari, presidente ASCOM Alessandria, fa sentire la sua voce su La Stampa: “Siamo inferociti. Francamente non ci volevamo credere, pensavamo fosse una svista, invece è realtà: è assurdo, irreale, irrispettoso. Noi non ci stiamo!”. (mv)
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