L’economia cinese era il paradigma della ripresa a V. Quella, cioè, che dopo un trauma violento (il Covid) si riprende con grande velocità. Il lusso, che già faceva grande affidamento sui cittadini della Repubblica Popolare, ha concentrato ancora di più il suo baricentro su Pechino. E ora che la situazione oltre la Muraglia si complica, come vi spieghiamo sul numero de La Conceria in distribuzione, cresce anche l’apprensione.
I dati del terzo trimestre
Già, perché i dati dell’istituto cinese di statistica dicono che la ripresa a V se non si è interrotta, si è almeno impaludata. Nel terzo trimestre dell’anno la crescita del PIL ha rallentato al +4,9% su base annua, contro +7,9% del trimestre precedente. Intanto la produzione industriale ha segnato +0,2%, mentre risultano in calo la spesa al dettaglio e le nuove immatricolazioni, anche a causa dell’inflazione alle stelle. Pesano sulla Cina lo shortage energetico e, soprattutto, la crisi del sistema immobiliare, gruppo Evergrande in primis.
L’enigma di Xi
Xi Jinping, che al prossimo congresso del PCC si gioca la rielezione, è sotto pressione. Sa che ora c’è bisogno di riformare un’economia la cui crescita si basa sul debito, ma al contempo non può bloccare il piano di leadership globale del Paese. Sarebbe bello sapere che cosa ha intenzione di fare: invece è un enigma. Tommy Wu di Oxford Economics spiega a Financial Times che le conseguenze della congiuntura sul quarto trimestre dell’anno saranno ancora più gravi di quelle viste nel terzo. Per questo si aspetta nuove misure di sostegno alla crescita, come liquidità per le attività inter-bancarie e investimenti nello sviluppo infrastrutturale.
E ora?
Il Sole 24 Ore cita un report della Federal Reserve del 2019: se il PIL cinese cedesse il 4%, l’economia statunitense perderebbe lo 0,75% e le economie avanzare in media l’1,15%. È uno scenario ipotetico. Molto più verosimile è quello di un rallentamento, per quanto tenue, in grado di condizionare il fashion business. Di Evergrande, con tutte le sue similitudini col caso Shandong Ruyi, s’è fatto cenno sopra. Ma, come vi raccontiamo su La Conceria n. 10, non c’è solo questo. Dall’industria e dai consumi cinesi dipendono le sorti del fashion system globale.
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